BONONI sport
Alla fine degli anni settanta, prima che arrivassero i 14 anni a portare il motorino in cima alla lista dei desideri, il sogno di ciascuno dei miei compagni delle medie era uno di questi oggetti, che allora si chiamavano "mezza corsa". Diffuse allora come oggi le "city bike", erano in pratica delle biciclette da corsa munite di parafanghi, fanali e manubrio più adatto all'impiego cittadino. E quando riuscii ad acquistare la mia prima bicicletta, alcuni dei miei compagni di classe già giravano da un po' su una di queste bellezze, munite di doppio cambio con 8 o addirittura 10 rapporti, (N.B. totali, non sulla cassetta posteriore!).
Purtroppo gli anni passano anche per gli oggetti dei desideri, e quando l'ho presa questa bicicletta i suoi anni li mostrava proprio tutti, se non qualcuno in più. Mezza corsa si diceva all'epoca, pensando più alla corsa che alla mezza, e così ho provato ad immaginare come avrei voluto questa bici se l'avessi avuta a tredici anni. I puristi storceranno sicuramente il naso alla vista di queste geometrie "abbondanti" e degli occhielli per i parafanghi su forcella e forcellini, ma credo che all'epoca mi sarebbe piaciuta proprio così. La decisione onestamente è stata un po' guidata dalle condizioni generali: il paracatena mancava, i fanali erano rotti e tutto il resto, pedali, sella, portapacchi, parafanghi e manubrio era messo abbastanza male. Per contro avevo da parte una vecchia piega Ambrosio e due ossidatissimi cerchi NISI con mozzi Miche, che stavano giusto aspettando l'occasione buona per tornare in pista. Per cui via tutto e si riparte "di corsa": pipa e sella nuove, cerchi lucidati e risistemati con tanta pazienza e una coppia di tubolari Vittoria Rally a guarnire. Della mia passione per i tubolari avevo già detto, ma anche in questo caso la decisione è stata aiutata dalle pessime condizioni delle ruote originali (comunque Ambrosio, mica Shunfeng), che conto però di risistemare prima o poi. Tra l'altro questa modifica mi ha consentito, pur con qualche adattamento, il montaggio di una cassetta a 6 rapporti al posto dei 4 originali. Su questa modifica dovrò però lavorare ancora perché non sono riuscito a centrare la linea catena senza disassare di qualche millimetro la ruota posteriore, per cui la bici va dritta col manubrio leggermente girato. A dire la verità, il termine esatto più che "leggermente" sarebbe "quasi impercettibilmente", ma su queste cose purtroppo divento pignolo. Sono invece riuscito a recuperare cambio, deragliatore e guarnitura originali, un gruppo Sachs-Huret sicuramente non pregiato all'epoca ma oggi comunque dotato di un certo fascino "vintage". Recuperabili, ma inguardabili a mio avviso, anche i manettini di plastica nera al telaio, che ho sostituito con un ricambio nuovo Sunrace.
Dicono che nella vita non si finisca mai di imparare: nel sistemare il manubrio ho scoperto che la presenza del foro passante per il filo del freno trasforma le innocenti cuffie coprileva in un oggetto di culto da gran restauro. Le imitazioni campagnolo o universal sfiorano i 40 euro e i fondi di magazzino in para hanno quotazioni ancora più pesanti. Fortunatamente ho trovato le 2 cuffie nere nelle foto, che sono nuove e non imitano niente, e con "solo" 8 euro me la sono cavata. I pedali sono convenzionali senza attacchi: avrei anche un paio di pedali da corsa con puntali e cinghiette, ma non sono compatibili con le calzature che uso generalmente, e portarsi dietro anche le scarpe di ricambio quando vado a lavorare mi sembra complicato.
Un problema che avevo già affrontato in passato con questo tipo di trasformazioni è rappresentato dai freni.
I freni da corsa che si trovano in commercio sono generalmente "short reach" o "medium reach", che tradotto in italiano significa troppo corti per un telaio nato con i parafanghi, mentre i "long reach" (fatte salve alcune eccezioni come i Saccon Radius che ho montato su un'altra bici) sono in genere di concezione più "turistica", quindi un po' meno performanti e in ogni caso bruttini a vedersi su una bici da corsa. Razzolando negli archivi di cantina, avevo inizialmente trovato una coppia di freni Balilla con sgancio rapido dei primi anni 70 (nelle foto), un pelino corti ma non tanto da interferire col tubolare. Dopo averli pazientemente revisionati e lucidati, ho quindi provato a montarli, constatando però che l'efficacia frenante era veramente scarsa. Un "dritto" in fondo al Poggio Imperiale non rientra per il momento nei miei programmi e quindi li ho sostituiti con una coppia di freni nuovi, non molto corsaioli e non bellissimi a vedersi, ma che fanno abbastanza il loro dovere. Ovviamente continuerò a cercare "La" soluzione.
Infine, venendo meno ad uno dei miei principi basilari che è quello di evitare le modifiche irreversibili, ho tagliato la brutta staffa per la dinamo che sbucava dalla forcella.
Il risultato è questo: una verniciatura nuova è sicuramente necessaria, ma gliela regalerò appena la stagione migliora, nel frattempo ve la presento nella sua livrea rossa metallizzata e un po' sbiadita. Gli adesivi originali in questo caso non sono né molto conservati né particolarmente ricercati, per cui non credo mi farò troppi scrupoli ad eliminarli quando sarà il momento.
Purtroppo gli anni passano anche per gli oggetti dei desideri, e quando l'ho presa questa bicicletta i suoi anni li mostrava proprio tutti, se non qualcuno in più. Mezza corsa si diceva all'epoca, pensando più alla corsa che alla mezza, e così ho provato ad immaginare come avrei voluto questa bici se l'avessi avuta a tredici anni. I puristi storceranno sicuramente il naso alla vista di queste geometrie "abbondanti" e degli occhielli per i parafanghi su forcella e forcellini, ma credo che all'epoca mi sarebbe piaciuta proprio così. La decisione onestamente è stata un po' guidata dalle condizioni generali: il paracatena mancava, i fanali erano rotti e tutto il resto, pedali, sella, portapacchi, parafanghi e manubrio era messo abbastanza male. Per contro avevo da parte una vecchia piega Ambrosio e due ossidatissimi cerchi NISI con mozzi Miche, che stavano giusto aspettando l'occasione buona per tornare in pista. Per cui via tutto e si riparte "di corsa": pipa e sella nuove, cerchi lucidati e risistemati con tanta pazienza e una coppia di tubolari Vittoria Rally a guarnire. Della mia passione per i tubolari avevo già detto, ma anche in questo caso la decisione è stata aiutata dalle pessime condizioni delle ruote originali (comunque Ambrosio, mica Shunfeng), che conto però di risistemare prima o poi. Tra l'altro questa modifica mi ha consentito, pur con qualche adattamento, il montaggio di una cassetta a 6 rapporti al posto dei 4 originali. Su questa modifica dovrò però lavorare ancora perché non sono riuscito a centrare la linea catena senza disassare di qualche millimetro la ruota posteriore, per cui la bici va dritta col manubrio leggermente girato. A dire la verità, il termine esatto più che "leggermente" sarebbe "quasi impercettibilmente", ma su queste cose purtroppo divento pignolo. Sono invece riuscito a recuperare cambio, deragliatore e guarnitura originali, un gruppo Sachs-Huret sicuramente non pregiato all'epoca ma oggi comunque dotato di un certo fascino "vintage". Recuperabili, ma inguardabili a mio avviso, anche i manettini di plastica nera al telaio, che ho sostituito con un ricambio nuovo Sunrace.
Dicono che nella vita non si finisca mai di imparare: nel sistemare il manubrio ho scoperto che la presenza del foro passante per il filo del freno trasforma le innocenti cuffie coprileva in un oggetto di culto da gran restauro. Le imitazioni campagnolo o universal sfiorano i 40 euro e i fondi di magazzino in para hanno quotazioni ancora più pesanti. Fortunatamente ho trovato le 2 cuffie nere nelle foto, che sono nuove e non imitano niente, e con "solo" 8 euro me la sono cavata. I pedali sono convenzionali senza attacchi: avrei anche un paio di pedali da corsa con puntali e cinghiette, ma non sono compatibili con le calzature che uso generalmente, e portarsi dietro anche le scarpe di ricambio quando vado a lavorare mi sembra complicato.
Un problema che avevo già affrontato in passato con questo tipo di trasformazioni è rappresentato dai freni.
I freni da corsa che si trovano in commercio sono generalmente "short reach" o "medium reach", che tradotto in italiano significa troppo corti per un telaio nato con i parafanghi, mentre i "long reach" (fatte salve alcune eccezioni come i Saccon Radius che ho montato su un'altra bici) sono in genere di concezione più "turistica", quindi un po' meno performanti e in ogni caso bruttini a vedersi su una bici da corsa. Razzolando negli archivi di cantina, avevo inizialmente trovato una coppia di freni Balilla con sgancio rapido dei primi anni 70 (nelle foto), un pelino corti ma non tanto da interferire col tubolare. Dopo averli pazientemente revisionati e lucidati, ho quindi provato a montarli, constatando però che l'efficacia frenante era veramente scarsa. Un "dritto" in fondo al Poggio Imperiale non rientra per il momento nei miei programmi e quindi li ho sostituiti con una coppia di freni nuovi, non molto corsaioli e non bellissimi a vedersi, ma che fanno abbastanza il loro dovere. Ovviamente continuerò a cercare "La" soluzione.
Infine, venendo meno ad uno dei miei principi basilari che è quello di evitare le modifiche irreversibili, ho tagliato la brutta staffa per la dinamo che sbucava dalla forcella.
Il risultato è questo: una verniciatura nuova è sicuramente necessaria, ma gliela regalerò appena la stagione migliora, nel frattempo ve la presento nella sua livrea rossa metallizzata e un po' sbiadita. Gli adesivi originali in questo caso non sono né molto conservati né particolarmente ricercati, per cui non credo mi farò troppi scrupoli ad eliminarli quando sarà il momento.
Alla fine la bilancia si è fermata su 10,5 Kg tutto compreso, qualche etto in più della CONTI "nata" da corsa: una differenza inavvertibile nell'utilizzo urbano e parzialmente attribuibile alla monumentale guarnitura in acciaio, cui corrisponde però una rassicurante solidità del telaio, indispensabile per percorrere con un minimo di sicurezza le disastrate strade e disastratissime ciclabili che l'amministrazione fiorentina ci riserva.
Riguardo il percorrere strade e ciclabili, devo dire che una bici da corsa è sempre una bici da corsa, anche se è vecchia e un po' tarocca come questa. Leggerezza e aerodinamica, ben supportate da gomme e mozzi "autenticamente" da corsa, permettono di tirare rapporti impensabili con altri tipi di bici e tenere medie ben più elevate senza scomporsi più di tanto. La fedeltà nel trasmettere al ciclista ogni minima asperità della strada ricorda in ogni caso che anche biciclette più lente ma assai più comode hanno una loro ragione di esistere.
Chiudo con una raccomandazione a tutti i meccanici dilettanti come me: quando lavorate, pensate sempre bene a quello che state facendo. Io mi sono tirato per distrazione ed imprudenza la mazza da un chilo sul pollice, mentre cercavo di sbloccare il manubrio: fortunatamente me la sono cavata con poco, ma poteva andare molto peggio. Per inciso il manubrio, assolutamente tetragono alle mazzate, ha ceduto alla forza delle leve rappresentate da due manici di vanga, uno incastrato nella testa della forcella ed uno legato con una cinghia strop al manubrio stesso. Questo dopo aver abbondato di sbloccante e lasciato il tutto a riposare un po'.
Riguardo il percorrere strade e ciclabili, devo dire che una bici da corsa è sempre una bici da corsa, anche se è vecchia e un po' tarocca come questa. Leggerezza e aerodinamica, ben supportate da gomme e mozzi "autenticamente" da corsa, permettono di tirare rapporti impensabili con altri tipi di bici e tenere medie ben più elevate senza scomporsi più di tanto. La fedeltà nel trasmettere al ciclista ogni minima asperità della strada ricorda in ogni caso che anche biciclette più lente ma assai più comode hanno una loro ragione di esistere.
Chiudo con una raccomandazione a tutti i meccanici dilettanti come me: quando lavorate, pensate sempre bene a quello che state facendo. Io mi sono tirato per distrazione ed imprudenza la mazza da un chilo sul pollice, mentre cercavo di sbloccare il manubrio: fortunatamente me la sono cavata con poco, ma poteva andare molto peggio. Per inciso il manubrio, assolutamente tetragono alle mazzate, ha ceduto alla forza delle leve rappresentate da due manici di vanga, uno incastrato nella testa della forcella ed uno legato con una cinghia strop al manubrio stesso. Questo dopo aver abbondato di sbloccante e lasciato il tutto a riposare un po'.