E d'improvviso arriva la fissa
Sono passati dieci anni esatti da quando portai a casa il rudere della prima Giuseppe Bianchi. In dieci anni ho convertito al rapporto singolo più di una bici, ma non avevo mai neppure provato una “fissa”. L’idea non mi ha mai abbandonato, tant’è che a suo tempo avevo comprato un pignone fisso, ma si è sempre scontrata col pensiero di scendere il Poggio con le gambe vincolate a seguire una rotazione inarrestabile dei pedali. In effetti, la quantità di pendenze che circonda casa mia non è un grande incentivo: un bel piazzale pianeggiante sarebbe probabilmente il miglior modo di cominciare senza tanti rischi. Ma come restare impassibili di fronte ad un annuncio di una “fixed” da sistemare venduta ad un decimo del costo di un modello nuovo? La presenza di un mozzo flip-flop con ruota fissa e libera ha cancellato i ripensamenti dell’ultimo minuto e l’epilogo è quello che si può immaginare.
La bici non era messa malissimo, ma c’era da sistemare il manubrio da corsa, adattato in modo abbastanza ardimentoso su un piantone di diametro inferiore e munito di due leve da manubrio dritto, di cui una in plastica, che di discutibile avevano non solo l’estetica ma anche la funzionalità. Una sbombolettata di nero opaco copriva un po’ tutti i componenti, e la ruggine aveva cominciato a sferrare i primi attacchi alla bulloneria. Come al solito l’ho smontata completamente: tutti i componenti sono stati ripuliti da ruggine e bomboletta utilizzando spazzola e diluente, i freni sono stati revisionati e muniti di cavi e guaine nuovi. Due leve freni hard discount da corsa, un nastro manubrio rosso decorato da due patriottici tappi tricolori ed un piantone per manubri oversize sono andati a sostituire i componenti originali. Il reggisella in acciaio è stato rimpiazzato con uno in alluminio ed equipaggiato con una fachiresca sella Vertu: nonostante l’aspetto, la trovo di una comodità sbalorditiva (si sa che ogni sedere fa storia a sé). La catena, vittima anch’essa della bomboletta, è stata ripulita dalla vernice esistente e riverniciata con un colore rosso che temo durerà quanto il famoso gatto in tangenziale. La verniciatura delle ruote è stata ripassata, aggiungendo un filetto rosso fatto a mano e due pedali in alluminio hanno sostituito gli originali in plastica.
La bici non era messa malissimo, ma c’era da sistemare il manubrio da corsa, adattato in modo abbastanza ardimentoso su un piantone di diametro inferiore e munito di due leve da manubrio dritto, di cui una in plastica, che di discutibile avevano non solo l’estetica ma anche la funzionalità. Una sbombolettata di nero opaco copriva un po’ tutti i componenti, e la ruggine aveva cominciato a sferrare i primi attacchi alla bulloneria. Come al solito l’ho smontata completamente: tutti i componenti sono stati ripuliti da ruggine e bomboletta utilizzando spazzola e diluente, i freni sono stati revisionati e muniti di cavi e guaine nuovi. Due leve freni hard discount da corsa, un nastro manubrio rosso decorato da due patriottici tappi tricolori ed un piantone per manubri oversize sono andati a sostituire i componenti originali. Il reggisella in acciaio è stato rimpiazzato con uno in alluminio ed equipaggiato con una fachiresca sella Vertu: nonostante l’aspetto, la trovo di una comodità sbalorditiva (si sa che ogni sedere fa storia a sé). La catena, vittima anch’essa della bomboletta, è stata ripulita dalla vernice esistente e riverniciata con un colore rosso che temo durerà quanto il famoso gatto in tangenziale. La verniciatura delle ruote è stata ripassata, aggiungendo un filetto rosso fatto a mano e due pedali in alluminio hanno sostituito gli originali in plastica.
Qualche pedalata fatta in cortile ha rafforzato la decisione di non lanciarmi giù per il Poggio con la ruota fissa senza prima fare un po' di esperienza. Ho qundi pavidamente girato la ruota posteriore per la prova su strada, che non ha riservato sorprese. La bici pesa 10,5 kg, non pochissimi per il tipo di bici ma neppure tanti in assoluto: con copertoncini 700x23 gonfiati a dovere e mozzi appena revisionati scorre apprezzabilmente, anche se il 46x18 montato non è il massimo per le salite. Peggio andrà con la ruota fissa, che ha “solo” 15 denti. Di conforto i freni, potenti e modulabili, richiederanno però una ulteriore regolazione dei pattini per ovviare alla notevole rumorosità. Purtroppo quello che sta mancando all’appello sono le gambe: lock down prima e smart working dopo stanno avendo il loro effetto e salire il Poggio mi mette più pensiero che in passato. E poi, come ho scritto, sono passati 10 anni da quando lo percorrevo col 42x16 della Bianchi……