Viner 1, 2 e 3
Ovvero quando 27 è maggiore di 28
Che nel mondo delle bici la matematica sia un'opinione e gli standard un'utopia è cosa nota. L'apoteosi è per me rappresentata dal tubo sella in diametri crescenti a passi di due decimi, ma anche le misure delle ruote non scherzano, visto che l'indicazione 26 pollici corrisponde a quattro diametri differenti, i copertoni da 28 e i recenti 29 pollici per le MTB si montano sugli stessi cerchi e quelli da 27 vogliono cerchi di diametro maggiore dei 28, 27.5 e 29. Se non ci fossero le ispirate tabelle E.T.R.T.O (European Tyre and Rim Technical Organisation) cavarne le gambe sarebbe davvero un'impresa disperata.
Nel caso di questa Viner i 27 pollici di diametro, misura ormai desueta che risale - credo - ai tempi eroici del ciclismo, corrispondono ad un diametro del cerchio di 630 mm, appena maggiore dei 622 mm del ben più diffuso 28 pollici. La differenza è talmente piccola che me ne sono accorto solo al momento di sostituire le ruote originali, storte, rugginose e mancanti di alcuni raggi. Quindi revisione dei piano di lavoro e via di olio di gomito: raggi, mozzi e cerchi in acciaio sono stati smontati, spazzolati e lucidati con risultati abbastanza gratificanti, a conferma della qualità delle cose di una volta. I mozzi Weco una volta ingrassati e registrati hanno esibito una scorrevolezza di tutto rispetto, sicuramente migliore di tanti prodotti cinesi moderni, e la tensionatura dei raggi è bastata per rimettere in squadra i cerchi. I lunghissimi raggi della ruota anteriore sono stati sostituiti con altri più corti che avevo in casa, passando dall'originale incrocio in quarta ad uno in prima (pararadiale), e riciclati per rimpiazzare i raggi mancanti alla ruota posteriore. Una preventiva passata di ferox sul canale interno dei cerchi ha preceduto il rimontaggio dei pneumatici. Questi ultimi, un po' screpolati ma col battistrada intatto, sono stati riportati a condizioni decorose insistendo parecchio con spazzola e sapone. In ogni caso il ricambio si trova ancora, anche se non è esattamente a buon mercato. Anche la guarnitura a chiavelle da 42 denti è quella originale, debitamente spazzolata e lucidata.
La sella in cuoio spero abbia trovato qui la sua destinazione definitiva, dopo aver equipaggiato a suo tempo prima la Nuzzi e poi la Atala. I pedali e la catena sono nuovi, mentre sono di recupero il classicissimo manubrio da passeggio montato alla rovescia, e la cortissima pipa.
Anche in questo caso ho soprasseduto sulla verniciatura - almeno per il momento - considerando la presenza degli adesivi originali e la modesta tenuta della vernice a bomboletta.
Il progetto iniziale prevedeva freni a ganascia e relative leve al manubrio, e così la prima release della bici ha beneficiato di due classici freni super rapid lucidati, ingrassati, equipaggiati con pattini nuovi ed abbinati a leve freno più o meno coeve alla bici, col risultato delle foto sotto.
Nel caso di questa Viner i 27 pollici di diametro, misura ormai desueta che risale - credo - ai tempi eroici del ciclismo, corrispondono ad un diametro del cerchio di 630 mm, appena maggiore dei 622 mm del ben più diffuso 28 pollici. La differenza è talmente piccola che me ne sono accorto solo al momento di sostituire le ruote originali, storte, rugginose e mancanti di alcuni raggi. Quindi revisione dei piano di lavoro e via di olio di gomito: raggi, mozzi e cerchi in acciaio sono stati smontati, spazzolati e lucidati con risultati abbastanza gratificanti, a conferma della qualità delle cose di una volta. I mozzi Weco una volta ingrassati e registrati hanno esibito una scorrevolezza di tutto rispetto, sicuramente migliore di tanti prodotti cinesi moderni, e la tensionatura dei raggi è bastata per rimettere in squadra i cerchi. I lunghissimi raggi della ruota anteriore sono stati sostituiti con altri più corti che avevo in casa, passando dall'originale incrocio in quarta ad uno in prima (pararadiale), e riciclati per rimpiazzare i raggi mancanti alla ruota posteriore. Una preventiva passata di ferox sul canale interno dei cerchi ha preceduto il rimontaggio dei pneumatici. Questi ultimi, un po' screpolati ma col battistrada intatto, sono stati riportati a condizioni decorose insistendo parecchio con spazzola e sapone. In ogni caso il ricambio si trova ancora, anche se non è esattamente a buon mercato. Anche la guarnitura a chiavelle da 42 denti è quella originale, debitamente spazzolata e lucidata.
La sella in cuoio spero abbia trovato qui la sua destinazione definitiva, dopo aver equipaggiato a suo tempo prima la Nuzzi e poi la Atala. I pedali e la catena sono nuovi, mentre sono di recupero il classicissimo manubrio da passeggio montato alla rovescia, e la cortissima pipa.
Anche in questo caso ho soprasseduto sulla verniciatura - almeno per il momento - considerando la presenza degli adesivi originali e la modesta tenuta della vernice a bomboletta.
Il progetto iniziale prevedeva freni a ganascia e relative leve al manubrio, e così la prima release della bici ha beneficiato di due classici freni super rapid lucidati, ingrassati, equipaggiati con pattini nuovi ed abbinati a leve freno più o meno coeve alla bici, col risultato delle foto sotto.
Esaminando il lavoro compiuto, il consueto tarlo irrazionale si è però risvegliato e mi ha spinto rapidamente a togliere i freni e cavi appena montati ed a sostituire il mozzo posteriore con un contropedale Velosteel, sicuramente scenografico e fortunatamente compatibile con i raggi, ma probabilmente meno scorrevole dell'ottimo Weco originale. Le foto sotto mostrano la seconda versione (all'inglese MK2) di questa bici trasformista: la linea è più pulita, ammesso che due freni a ganascia facciano tutta questa differenza, devo però ancora trovare il coraggio di buttarmi giù per una discesa senza sentire sotto le mani la confortante presenza delle leve dei freni: sarà un caso che il contropedale sia così popolare nella pianeggiante Olanda e così poco diffuso da noi?
Finita così? Certo che no: tempo fa, pressato dai problemi di spazio, avevo preso la triste decisione di cederla. Siccome il nuovo proprietario la voleva in condizioni più originali possibile, ho messo mano per la terza volta a questa Viner. Ritornare più volte sul lavoro finito è in effetti un lusso che ci si può concedere quando si fanno le cose per hobby, e poi c'era quel mozzo Weco smontato al posteriore che continuava a capitarmi tra le mani quasi a chiedere giustizia dello scempio commesso.
Non mi sono cimentato nella verniciatura neanche in questa occasione, ma ho ripulito con cura i pezzi da rimontare e ho dato una buona mano di antiruggine sotto i parafanghi e dentro il carter, in modo da fermare una corrosione che minacciava di diventare passante. Il montaggio non è stato complicatissimo: tranne pedali e fanali tutti i pezzi erano i suoi, ed anche il noioso passaggio del filo del fanalino posteriore nel telaio è andato abbastanza liscio. Per la cronaca, io uso uno spezzone di filo da freni calato dal foro accanto al canotto di sterzo fino alla scatola del movimento centrale per tirare su una estremità del filo elettrico e ripeto l'operazione dal foro sul fodero basso per passare l'altra estremità. I componenti d'altri tempi mi hanno presentato un problema antico quanto le calotte a passo italiano e ormai dimenticato. In breve, la rotazione dei pedali fa svitare la calotta destra durante l'uso: questo problema ovviamente non sussiste nelle calotte a passo inglese che si avvitano in senso antiorario, e meno che mai in tutti gli altri movimenti centrali attuali di gamma appena più che economica. L'unica soluzione è stringere più possibile la calotta (in rete c'è chi raccomanda di serrarla a 40 o addirittura 60 Nm), magari aggiungendo una goccia di frenafiletti o facendosi aiutare da un amico canottiere. Il paracatena chiuso non ha permesso di usare l'enorme chiave piana da 36 che ha sempre risolto casi analoghi, comprese la Viner 1 e 2: dopo un paio di tentativi falliti ho quindi comprato l'utensile apposito (in foto). Per ora la calotta è al suo posto.....
Questa storia finisce bene (per me), perché dopo un po' di tempo il nuovo proprietario, dovendo lasciare l'Italia e non potendo portarsela dietro, mi ha proposto di riprenderla. Nel frattempo avevo recuperato un po' di spazio ed ho quindi accettato volentieri: ecco come la Viner è tornata a casa in versione MK3, versione che per inciso ha risolto tutte le mie paure di affrontare il Poggio Imperiale in discesa.
Non mi sono cimentato nella verniciatura neanche in questa occasione, ma ho ripulito con cura i pezzi da rimontare e ho dato una buona mano di antiruggine sotto i parafanghi e dentro il carter, in modo da fermare una corrosione che minacciava di diventare passante. Il montaggio non è stato complicatissimo: tranne pedali e fanali tutti i pezzi erano i suoi, ed anche il noioso passaggio del filo del fanalino posteriore nel telaio è andato abbastanza liscio. Per la cronaca, io uso uno spezzone di filo da freni calato dal foro accanto al canotto di sterzo fino alla scatola del movimento centrale per tirare su una estremità del filo elettrico e ripeto l'operazione dal foro sul fodero basso per passare l'altra estremità. I componenti d'altri tempi mi hanno presentato un problema antico quanto le calotte a passo italiano e ormai dimenticato. In breve, la rotazione dei pedali fa svitare la calotta destra durante l'uso: questo problema ovviamente non sussiste nelle calotte a passo inglese che si avvitano in senso antiorario, e meno che mai in tutti gli altri movimenti centrali attuali di gamma appena più che economica. L'unica soluzione è stringere più possibile la calotta (in rete c'è chi raccomanda di serrarla a 40 o addirittura 60 Nm), magari aggiungendo una goccia di frenafiletti o facendosi aiutare da un amico canottiere. Il paracatena chiuso non ha permesso di usare l'enorme chiave piana da 36 che ha sempre risolto casi analoghi, comprese la Viner 1 e 2: dopo un paio di tentativi falliti ho quindi comprato l'utensile apposito (in foto). Per ora la calotta è al suo posto.....
Questa storia finisce bene (per me), perché dopo un po' di tempo il nuovo proprietario, dovendo lasciare l'Italia e non potendo portarsela dietro, mi ha proposto di riprenderla. Nel frattempo avevo recuperato un po' di spazio ed ho quindi accettato volentieri: ecco come la Viner è tornata a casa in versione MK3, versione che per inciso ha risolto tutte le mie paure di affrontare il Poggio Imperiale in discesa.
Commenti
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26/06/2017
Ancora non mi sono buttato..... sto meditando di rimettere almeno il freno anteriore prima ;-)
Grazie per i complimenti, graditissimi come sempre!
Emanuele
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26/06/2017
Ottima scelta quella del contropedale. Mi incuriosisce vedere la discesa del poggio, indicazioni?
Bella bici, come al solito!
Renato Cagliari
26/06/2017
Ancora non mi sono buttato..... sto meditando di rimettere almeno il freno anteriore prima ;-)
Grazie per i complimenti, graditissimi come sempre!
Emanuele
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26/06/2017
Ottima scelta quella del contropedale. Mi incuriosisce vedere la discesa del poggio, indicazioni?
Bella bici, come al solito!
Renato Cagliari