Legnano sport
So di dire una ovvietà, ma il fascino delle single speed lo hanno solo le single speed: pionieristiche nell'aspetto, scomode nelle selle minimaliste, leggere nei telai essenziali ed efficienti nei componenti da corsa. Si viaggia con la borsa a tracolla, i pantaloni legati alla caviglia, gli schizzi di fango fin sopra gli occhi quando piove, le vertebre massacrate da ogni minima imperfezione dell’asfalto, in lotta continua con quell'unico rapporto così tremendamente corto negli allunghi e così tremendamente lungo nelle salite, ma nonostante questo ogni pedalata genera un sorriso. I copertoncini scorrono leggeri, la catena trasmette silenziosamente il movimento alla ruota - e non mi ero accorto in precedenza di quanto fosse rumoroso un deragliatore - e la bici vola senza un rumore, dando la sensazione di una efficienza enorme e di velocità ben superiori a quelle reali. E se ogni tanto si viene superati da una bicicletta da corsa non ci si rimane neanche troppo male: con un rapporto solo la vera sfida è arrivare……
La conclusione di questo preambolo è ovviamente la conversione in singlespeed dell’ultima arrivata. Già depredata di ruote e sella, quando mi è stata regalata la bici portava le tracce di un lungo periodo di esposizione alle intemperie, e molto poco del suo aspetto suggeriva questa trasformazione. Ma il nobile marchio e le scritte Campagnolo e Ofmega che campeggiavano sui pochi componenti rimasti hanno dato una decisa spinta in questo senso, mentre le pessime condizioni di parafanghi, paracatena, portapacchi e manubrio hanno eliminato i dubbi residui. Al cambio Campagnolo Valentino con la sua levetta al telaio, integro ma parecchio provato dalla prolungata permanenza a contatto col terreno, dedicherò una attenzione particolare più in qua. La bici è stata completamente smontata, ma, come si può immaginare, non ho avuto il coraggio di toccare il verde ramarro originale Legnano con le sue decalcomanie e i filetti rossi fatti a mano, per quanto malmessi. Il movimento centrale Ofmega è stato revisionato con cura e dopo lunga riflessione ho deciso di rimontare la guarnitura originale, un po' corrosa ma comunque bellissima nelle sue forme particolari. La spazzola ha lavorato a lungo ma alla fine ha avuto ragione dello spesso strato di ruggine, restituendo a ingranaggio e pedivelle una lucentezza decente, anche se le cromature sono rimaste un po' ticchiolate. Un paio di misurazioni hanno confermato che, rimossi i parafanghi, lo spazio fosse sufficiente a montare ruote da 28 con copertoncini al posto di quelle da 26, che il telaio ospitava in origine. Ho quindi sfoderato dalla riserva una coppia di vecchi e ossidati cerchi Ambrosio con mozzi Ofmega, che sono stati revisionati e lucidati con pasta abrasiva e disco di feltro, più una passata finale a mano con panno e olio di gomito (tanica grande di quest’ultimo). La ruota anteriore sfoggia una nuova raggiatura radiale, mentre sulla posteriore, dopo aver rispaziato il mozzo, ho montato una ruota libera singola da 18 denti, ottenendo un 46x18 di cui spero di non pentirmi alla prima salita. Il resto è tutto nuovo: freni, più corti degli originali Universal per compensare l'aumentato diametro delle ruote, piega e pipa, sella, pedali, catena rossa kmc ed ovviamente copertoncini e relative camere d’aria. Fondo di magazzino (o NOS che fa più scena) sono le leve dei freni con i doppi comandi, di gran moda negli anni 70, che ho abbinato a guaine color argento. La nastratura del manubrio, una operazione da maestri biciclettai che fa un po' soffrire chi, come me, maestro non è, ha chiuso i lavori e alla fine tutto è andato a posto senza soverchie complicazioni.
La conclusione di questo preambolo è ovviamente la conversione in singlespeed dell’ultima arrivata. Già depredata di ruote e sella, quando mi è stata regalata la bici portava le tracce di un lungo periodo di esposizione alle intemperie, e molto poco del suo aspetto suggeriva questa trasformazione. Ma il nobile marchio e le scritte Campagnolo e Ofmega che campeggiavano sui pochi componenti rimasti hanno dato una decisa spinta in questo senso, mentre le pessime condizioni di parafanghi, paracatena, portapacchi e manubrio hanno eliminato i dubbi residui. Al cambio Campagnolo Valentino con la sua levetta al telaio, integro ma parecchio provato dalla prolungata permanenza a contatto col terreno, dedicherò una attenzione particolare più in qua. La bici è stata completamente smontata, ma, come si può immaginare, non ho avuto il coraggio di toccare il verde ramarro originale Legnano con le sue decalcomanie e i filetti rossi fatti a mano, per quanto malmessi. Il movimento centrale Ofmega è stato revisionato con cura e dopo lunga riflessione ho deciso di rimontare la guarnitura originale, un po' corrosa ma comunque bellissima nelle sue forme particolari. La spazzola ha lavorato a lungo ma alla fine ha avuto ragione dello spesso strato di ruggine, restituendo a ingranaggio e pedivelle una lucentezza decente, anche se le cromature sono rimaste un po' ticchiolate. Un paio di misurazioni hanno confermato che, rimossi i parafanghi, lo spazio fosse sufficiente a montare ruote da 28 con copertoncini al posto di quelle da 26, che il telaio ospitava in origine. Ho quindi sfoderato dalla riserva una coppia di vecchi e ossidati cerchi Ambrosio con mozzi Ofmega, che sono stati revisionati e lucidati con pasta abrasiva e disco di feltro, più una passata finale a mano con panno e olio di gomito (tanica grande di quest’ultimo). La ruota anteriore sfoggia una nuova raggiatura radiale, mentre sulla posteriore, dopo aver rispaziato il mozzo, ho montato una ruota libera singola da 18 denti, ottenendo un 46x18 di cui spero di non pentirmi alla prima salita. Il resto è tutto nuovo: freni, più corti degli originali Universal per compensare l'aumentato diametro delle ruote, piega e pipa, sella, pedali, catena rossa kmc ed ovviamente copertoncini e relative camere d’aria. Fondo di magazzino (o NOS che fa più scena) sono le leve dei freni con i doppi comandi, di gran moda negli anni 70, che ho abbinato a guaine color argento. La nastratura del manubrio, una operazione da maestri biciclettai che fa un po' soffrire chi, come me, maestro non è, ha chiuso i lavori e alla fine tutto è andato a posto senza soverchie complicazioni.
La prova su strada non ha riservato grosse sorprese: leggera e agile come ci si aspetta da una bici da 10 Kg, scomoda come la sella e il manubrio lasciano immaginare, si è rivelata anche stabile e ben frenata. Le sapienti geometrie da marchio blasonato fanno la differenza sulla guida e i freni sfruttano la decisa riduzione dei braccetti per migliorare apprezzabilmente le decelerazioni. Un po' vistosi ma comodissimi i doppi comandi, che consentono di frenare senza raggomitolarsi sulla piega per arrivare alle leve. In teoria le ruote di maggior diametro dovrebbero avvantaggiare anche la stabilità a discapito della maneggevolezza, ma ci vorrebbe una prova comparata con una gemella in condizioni originali per tirare le conclusioni. Il 46x18 va benissimo in piano, consente di ripartire bene ai semafori e solo sui tratti più lunghi potrebbe far desiderare qualcosina (molto poco) di più. Se solo non ci fosse la lunga salita del Poggio Imperiale a separarmi da casa tutte le sere......
Commenti
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19/11/2016
Grazie!
Emanuele
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19/11/2016
Bella, veramente bella.
Renato Ca
19/11/2016
Grazie!
Emanuele
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19/11/2016
Bella, veramente bella.
Renato Ca