La Rossa (7V e SS)
Rossa.
Mi è sempre piaciuto il rosso: rosso era il Fantic Caballero che avevo da ragazzo, rossa era la Mini (Innocenti) su cui ho imparato a guidare, rossa la Morini 3 e ½ che mi ha traghettato fino all’età adulta. Ancora oggi che guido una seriosa familiare grigia metallizzata, questa passione per il rosso non mi ha mai completamente abbandonato.
L’idea mi è venuta quando ho ricevuto in regalo la bici delle foto sotto, piuttosto malmessa dopo alcuni anni passati all’aperto. La ruggine si era diffusa ovunque sotto la vernice, anche dove quest'ultima sembrava in buone condizioni, rendendo indispensabile una sverniciatura completa ed una spazzolatura accurata per bonificare il metallo prima di poterlo riverniciare. Abbandonata dopo qualche riflessione l’idea di ripristinare il colore originale, l'idea si è fatta rapidamente strada... e rosso è stato.
Sverniciare un telaio, pur con metodi abbastanza aggressivi come il flessibile con spazzola a fili ritorti in acciaio, non è un lavoro da poco. Inoltre il colore originale era curiosamente simile a quello dell’acciaio, rendendo più complicato identificare eventuali parti non completamente pulite.
Forte delle esperienze precedenti, per questo lavoro ho costruito un regolatore per limitare la velocità del flessibile, che a pieni giri mangiava le spazzole, sparando i fili spezzati come proiettili e intaccando le parti più delicate come il paracatena o i parafanghi. Meno rumore a beneficio del vicinato, meno vibrazioni e meno rischi di pericolosi impuntamenti nei punti di giunzione hanno compensato ampiamente un piccolo allungamento dei tempi di sverniciatura. Quindi ho operato nella sequenza canonica: sverniciatura a spazzola con rifinitura a raschietto delle zone difficili (mai lasciare residui di vecchia vernice se si lavora con le bombolette: il nuovo strato non è spesso a sufficienza per coprirli). Poi scartavetrata generosa a mano, lavaggio con sgrassatore, mano di fondo, due mani di rosso e una mano di trasparente, tutto rigorosamente a bomboletta. Il vezzo dell’argento sfumato in zona forcellini, utile per facilitare il ritocco dei segni lasciati dai dadi ruota, l’ho copiato dalla precedente Bianchi.
Mi è sempre piaciuto il rosso: rosso era il Fantic Caballero che avevo da ragazzo, rossa era la Mini (Innocenti) su cui ho imparato a guidare, rossa la Morini 3 e ½ che mi ha traghettato fino all’età adulta. Ancora oggi che guido una seriosa familiare grigia metallizzata, questa passione per il rosso non mi ha mai completamente abbandonato.
L’idea mi è venuta quando ho ricevuto in regalo la bici delle foto sotto, piuttosto malmessa dopo alcuni anni passati all’aperto. La ruggine si era diffusa ovunque sotto la vernice, anche dove quest'ultima sembrava in buone condizioni, rendendo indispensabile una sverniciatura completa ed una spazzolatura accurata per bonificare il metallo prima di poterlo riverniciare. Abbandonata dopo qualche riflessione l’idea di ripristinare il colore originale, l'idea si è fatta rapidamente strada... e rosso è stato.
Sverniciare un telaio, pur con metodi abbastanza aggressivi come il flessibile con spazzola a fili ritorti in acciaio, non è un lavoro da poco. Inoltre il colore originale era curiosamente simile a quello dell’acciaio, rendendo più complicato identificare eventuali parti non completamente pulite.
Forte delle esperienze precedenti, per questo lavoro ho costruito un regolatore per limitare la velocità del flessibile, che a pieni giri mangiava le spazzole, sparando i fili spezzati come proiettili e intaccando le parti più delicate come il paracatena o i parafanghi. Meno rumore a beneficio del vicinato, meno vibrazioni e meno rischi di pericolosi impuntamenti nei punti di giunzione hanno compensato ampiamente un piccolo allungamento dei tempi di sverniciatura. Quindi ho operato nella sequenza canonica: sverniciatura a spazzola con rifinitura a raschietto delle zone difficili (mai lasciare residui di vecchia vernice se si lavora con le bombolette: il nuovo strato non è spesso a sufficienza per coprirli). Poi scartavetrata generosa a mano, lavaggio con sgrassatore, mano di fondo, due mani di rosso e una mano di trasparente, tutto rigorosamente a bomboletta. Il vezzo dell’argento sfumato in zona forcellini, utile per facilitare il ritocco dei segni lasciati dai dadi ruota, l’ho copiato dalla precedente Bianchi.
Ma una bicicletta rossa non può davvero essere convenzionale, e cosa c’è di meno usuale in Italia, seppur diffusissimo nel Nord Europa, di un cambio nel mozzo col freno a contropedale? Qui la fortuna mi ha aiutato in maniera davvero sfacciata, facendomi trovare a poco prezzo una ruota semidistrutta ma equipaggiata da un signor Shimano Nexus 7V col suo bravo contropedale, che ha richiesto pochissima manutenzione per tornare in perfetta efficienza. Recuperato un mozzo anteriore, raggi e cerchi nuovi a doppia parete, ho assemblato un paio di ruote come le volevo, che significa raggiatura radiale per l’anteriore e in quarta per la posteriore, troppo sollecitata dal contropedale per rischiare incroci più arditi. Naturalmente ho dovuto comprare un comando a manopola rotante specifico per il Nexus, visto che il tiraggio è completamente diverso da quello dei cambi a deragliatore. Nuovi sono anche il movimento centrale a cartuccia, la pipa sterzo Uno, il piantone sella, la guarnitura Prowheel, la catena, il freno anteriore, e ovviamente tutti i cavi (due) e relative guaine, mentre sono di recupero il manubrio e la granitica sella Triban, un’altra nomade che ho montato e tolto in passato da più di una bicicletta e che spero di aver qui collocato in modo definitivo. La registrazione del Nexus è semplice: è sufficiente allineare due tacche di riferimento col cambio sul quarto rapporto, ma calibrare il corto spezzone di guaina per raccordare il cavo con la battuta sul telaio (si vede nelle foto) non è stato altrettanto banale.
Ripetendo quanto già scritto per la bici S.A.F, il contropedale richiede un pizzico di concentrazione in più perché non permette di ruotare indietro i pedali, mentre è comodissima la possibilità di cambiare marcia anche da fermo offerta dal cambio nel mozzo. In pratica, la preoccupazione di scalare marcia prima di fermarsi è sostituita da quella di ruotare i pedali nella posizione più idonea: insomma, questione di abitudine. Il funzionamento della manopola rotante è impeccabile e gli innesti sono dolci. Volendo cercare il pelo nell'uovo, mi viene poco naturale il senso di rotazione, che è opposto a quello dei cambi a deragliatore visto che qui il filo si tira per salire di rapporto e si allenta per scendere.
Manutenzione ridotta, maggior protezione da sporco e pioggia, meno stress per la catena e meno rischio di salti, cambiate impeccabili, minor vulnerabilità agli urti: tutto bello? In realtà qualche inconveniente c’è: il gruppo che ho montato pesa la bellezza di un chilo e 800 grammi (grammo più, grammo meno), non poco pur considerando che sostituisce il mozzo convenzionale col pacco pignoni, i due deragliatori, la tripla anteriore e il freno posteriore. Fortunatamente la bici è talmente essenziale da rendere marginale questo problema, mentre è assolutamente inavvertibile nell’uso pratico la minore efficienza meccanica su cui gli "esperti" puntano il dito. Poi la rapportatura, per quanto più spaziata di un cambio a deragliatore con lo stesso numero di rapporti, non copre certo lo stesso range di un convenzionale 3x7, il minimo sindacale di qualsiasi city bike, risultando più vicina ad un 2x6 da bici da corsa di epoca eroica.
Qualche numero per dimostrare che ho studiato: il range dichiarato del Nexus 7V è 244%, quasi identico a quello della mia amata Conti da corsa degli anni 70, mentre un 3x7 da city bike è intorno al 350% ed una bici da turismo moderna può arrivare al 450%. Con il pignone da 18 e ammesso di aver fatto bene i conti, questo cambio dovrebbe equivalere ad un pacco pignoni 12-28T, più che sufficiente anche per qualche girata fuoriporta. Peso e range dipendono ovviamente dalla qualità del mozzo, ed il Nexus 7V non è certo un top di gamma: per esempio l'inarrivabile Rolhoff a 14 rapporti, col suo range dichiarato del 526%, non teme confronti con un cambio convenzionale. Se mai un giorno dovessi trovare un'altra ruota semidistrutta con sopra un Rolhoff, non mi farei certo scappare l'occasione.
Per finire la lista dei "contro", qualche problema in più c'è anche nella malaugurata ipotesi di foratura posteriore: per togliere la ruota c’è da allentare i dadi e sganciare il comando del cambio e la staffa del freno. Facile con la bici sul cavalletto da officina, un po’ più complicato in mezzo alla strada. Infine, credo che pochi meccanici siano in grado di mettere le mani su questi cambi; in ogni caso la complessità del meccanismo lascia supporre costi di riparazione ben più elevati di quelli di un deragliatore convenzionale.
Ripetendo quanto già scritto per la bici S.A.F, il contropedale richiede un pizzico di concentrazione in più perché non permette di ruotare indietro i pedali, mentre è comodissima la possibilità di cambiare marcia anche da fermo offerta dal cambio nel mozzo. In pratica, la preoccupazione di scalare marcia prima di fermarsi è sostituita da quella di ruotare i pedali nella posizione più idonea: insomma, questione di abitudine. Il funzionamento della manopola rotante è impeccabile e gli innesti sono dolci. Volendo cercare il pelo nell'uovo, mi viene poco naturale il senso di rotazione, che è opposto a quello dei cambi a deragliatore visto che qui il filo si tira per salire di rapporto e si allenta per scendere.
Manutenzione ridotta, maggior protezione da sporco e pioggia, meno stress per la catena e meno rischio di salti, cambiate impeccabili, minor vulnerabilità agli urti: tutto bello? In realtà qualche inconveniente c’è: il gruppo che ho montato pesa la bellezza di un chilo e 800 grammi (grammo più, grammo meno), non poco pur considerando che sostituisce il mozzo convenzionale col pacco pignoni, i due deragliatori, la tripla anteriore e il freno posteriore. Fortunatamente la bici è talmente essenziale da rendere marginale questo problema, mentre è assolutamente inavvertibile nell’uso pratico la minore efficienza meccanica su cui gli "esperti" puntano il dito. Poi la rapportatura, per quanto più spaziata di un cambio a deragliatore con lo stesso numero di rapporti, non copre certo lo stesso range di un convenzionale 3x7, il minimo sindacale di qualsiasi city bike, risultando più vicina ad un 2x6 da bici da corsa di epoca eroica.
Qualche numero per dimostrare che ho studiato: il range dichiarato del Nexus 7V è 244%, quasi identico a quello della mia amata Conti da corsa degli anni 70, mentre un 3x7 da city bike è intorno al 350% ed una bici da turismo moderna può arrivare al 450%. Con il pignone da 18 e ammesso di aver fatto bene i conti, questo cambio dovrebbe equivalere ad un pacco pignoni 12-28T, più che sufficiente anche per qualche girata fuoriporta. Peso e range dipendono ovviamente dalla qualità del mozzo, ed il Nexus 7V non è certo un top di gamma: per esempio l'inarrivabile Rolhoff a 14 rapporti, col suo range dichiarato del 526%, non teme confronti con un cambio convenzionale. Se mai un giorno dovessi trovare un'altra ruota semidistrutta con sopra un Rolhoff, non mi farei certo scappare l'occasione.
Per finire la lista dei "contro", qualche problema in più c'è anche nella malaugurata ipotesi di foratura posteriore: per togliere la ruota c’è da allentare i dadi e sganciare il comando del cambio e la staffa del freno. Facile con la bici sul cavalletto da officina, un po’ più complicato in mezzo alla strada. Infine, credo che pochi meccanici siano in grado di mettere le mani su questi cambi; in ogni caso la complessità del meccanismo lascia supporre costi di riparazione ben più elevati di quelli di un deragliatore convenzionale.
.... e la Rossa SS
Se qualcuno si dovesse poi chiedere perché il mio solito tarlo irrazionale questa volta non si è risvegliato, sappia che in realtà ho accontentato anche lui: una coppia di cerchi Ambrosio adattati al pignone singolo ed un freno posteriore mi hanno permesso di realizzare anche la variante singlespeed. Per centrare la ruota posteriore, nata per una cassetta 7V, ho dovuto scambiare i raggi più corti del lato pignone con quelli più lunghi del lato opposto, ma questa piccola fatica mi ha permesso in breve tempo di scorrazzare felice tra Arcetri e il pian dei Giullari. La variante SS supera di poco i 9 Kg di peso e monta un agile 42 x 18, consentendomi di affrontare con successo anche la salitone di via Torre del Gallo, con immenso vantaggio per la mia autostima: sotto le foto.
Questa è la prima bicicletta che restauro tutto da solo, visto che il mio assistente speciale non c’è più e nessuno della sua pur numerosa prole sta manifestando interesse per la meccanica. Chissà se a Zip sarebbe piaciuta......
Commenti
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09/10/2018
Ehi, grazie di cuore!
fa davvero piacere avere un estimatore.
Saluti e a presto.
Emanuele
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30/09/2018
Bellissima!
Renato Cagliari
09/10/2018
Ehi, grazie di cuore!
fa davvero piacere avere un estimatore.
Saluti e a presto.
Emanuele
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30/09/2018
Bellissima!
Renato Cagliari